COMANDO PROVINCIALE VV.F. di RAVENNA
Da quel lontano millenovecentosessantotto, tanti fatti e ricordi dentro di me sono svaniti, mi sembra però giusto ricordare e testimoniare quelli che sono ancora vivi nella mia mente prima che qualche nebbia nell’autunno della mia vita li possa annebbiare del tutto.
Con l’aiuto di vecchi giornali del Resto del Carlino e per mezzo di Internet ho trovato date, orari e nominativi di pompieri coinvolti in quel tremendo terremoto della Sicilia.
Stavo ultimando il servizio militare di leva come Vigile del Fuoco Ausiliario nella Caserma di Ravenna che, all’epoca si trovava in piazza G. Mameli, dove alla fine di febbraio ’68 mi sarei congedato.
Ero arrivato a Ravenna nel mese di luglio del ‘67, dopo aver effettuato il 47° corso di addestramento nelle Scuole dei Pompieri “Capannelle” a Roma e come prima destinazione, nella caserma di Chieti.
La mattina del 15 gennaio, poco dopo le otto, mi trovavo a spazzare nel cortile della caserma, quando ad un tratto suonò la campanella dell’ “allarme partenze”, quel suono non lo riconobbi subito, ci volle qualche urlo dei miei compagni:
“…Terremoto…. C’è stato un terremoto …..è successo in Italia meridionale”
In realtà si trattò di un falso allarme, non si doveva partire subito. Poco dopo, però, fummo radunati tutti in palestra, dove ci fu detto che, nella notte vi era stato una violentissima scossa di terremoto nella Sicilia occidentale e che, forse ci sarebbe pervenuto l’ordine di partire. Infatti, la mattina seguente fummo di nuovo radunati: l’ordine era arrivato, si doveva formare la squadra per intervenire in soccorso a quelle popolazioni così duramente colpite.
Il Comandante Ing. Sangiorgi, incaricò il Brigadiere Casadio Giuseppe (detto Pippo un pompiere, basso e tarchiato, forte come il ferro) a comandare un drappello di sei pompieri (tre vigili di professione e tre allievi vigili di leva) per la partenza immediata. Dopo una valutazione della disgrazia e una breve discussione ci venne chiesto se fra tutti noi ci fossero volontari, per un compito così arduo.
In quel momento scattò in me una reazione istintiva immediata, sentivo che era una cosa giusta da fare, non pensai minimamente ai pericoli a cui sarei andato incontro, e con la incoscienza dei miei vent’anni, mi offrii volontario.
Oltre al Brigadiere Pippo gli altri due pompieri permanenti che si offrirono volontari furono; Cavalleri Giuseppe (detto Pino ravennate di adozione) e Pieri Mario,(detto Pirì) mentre gli altri due ausiliari di leva che si resero disponibili assieme a me furono; Lama Bruno (detto Bagatò, romagnolo autentico, sempre allegro, e generoso, che ha quei tempi abitava a Ca’ Bosco), e Pezzi Paride (detto Pezz, già allora gli sarebbe piaciuto intraprendere il lavoro di pompiere e che abita ancora oggi a Madonna dell’Albero).
La squadra era fatta; eravamo tutti e sei Ravennati! L’unico che parlava sempre in italiano era Pino, noialtri parlavamo sempre in dialetto. Quel giorno ci fu data la possibilità di fare un salto a casa per avvertire le nostre famiglie, e per rifornirci di indumenti di ricambio adatti per rimanere per molti giorni nel luogo del disastro. Lo stesso giorno verso sera partimmo dalla stazione di Ravenna, (cambio a Castelbolognese) destinazione Roma Termini, dove arrivammo alle ore sei della mattina seguente.
A Roma, nel piazzale della stazione vi era un via vai di corriere e camion militari, erano adibiti al trasporto dei vigili del fuoco,( che provenivano dall’Italia settentrionale) all’aeroporto di Ciampino, destinazione Palermo. Quando arrivò il nostro turno salimmo sui aerei (detti “vagoni volanti”); dove avremmo raggiunto la Sicilia in un paio d’ ore. Io non ero mai salito su un aereo e confesso di aver avuto un certo timore.
Arrivammo a Palermo il pomeriggio inoltrato, di nuovo altro trasbordo per arrivare a Castelvetrano, città dove vi era la tendopoli, Campo base dei pompieri.
Dopo che avemmo montato la tenda, mi sdraiai stanco morto, cominciai a pensare all’avventura che stavo vivendo, mi trovavo a più di mille chilometri da casa, dagli amici del Bar Sport di Piangipane,.. era passato un mese dal mio ventesimo compleanno; …ero tranquillo e mi addormentai subito.
La mattina dopo ci svegliammo presto, era fresco, tutto era pronto i camion e le corriere che ci dovevano portare nei paesi colpiti maggiormente dal sisma erano già in moto; Gibellina, Montevago Salemi e tanti altri paesi erano la nostra destinazione.
Il nostro compito era quello di aiutare le popolazioni civili al recupero di tutto quello che era possibile recuperare, tenendo conto che già dai primi giorni si erano verificati degli atti di sciacallaggio c’erano sempre un carabiniere che faceva (assieme al padrone di casa) i controlli dovuti. La prima volta che andammo a Gibellina ci siamo trovati davanti un paese completamente distrutto, c’erano pochissime case ancora in piedi, mucchi di macerie avevano invaso le strade e in certi posti era impossibile passare. Mi ricordo che, camminando fra tutte le case crollate arrivammo in fondo a una strada dove c’era una sola casa ancora dritta, sotto al cornicione del primo piano vi era l’insegna del Partito Comunista, poco distante una catasta di animali di ogni razza,(asini, mucche, vitelli, pecore) presumo fossero da bruciare.
Spesse notti quando dormivamo in tenda si sentivano delle scosse di assestamento e qui Pippo battezzò il detto “Terra Ballerina”
Il mangiare lo davano durante il viaggio di ritorno nelle gavette e considerato che sono sempre stato una buona forchetta ho sempre mangiato di tutto. Ricordo però una volta di aver ricevuto dei maccheroni talmente freddi e appiccicosi da non riuscire ad assaggiarne nemmeno una forchettata, così quando la sera mi trovai in tenda coi miei compagni si decise di fare un brodo coi dadi, ci mettemmo un sacchetto di minestrina, un filo d’olio e inzuppammo il tutto con pezzi pane secco; fu una mangiata stupenda!
Venne poi quel giovedì del 25 gennaio, giornata terribile da ricordare. Io ero rimasto di turno al campo base di servizio alla tenda a Castelvetrano, tutti i miei compagni erano andati a Gibellina, per il solito lavoro. Quella mattina alle undici una improvvisa forte scossa di terremoto portò tutta la popolazione di Castelvetrano nelle strade con urla e grida da ogni parte. Mi ricordo (come fosse ieri) che l’altoparlante della tenda Comando cominciò ad impartire ordini, .. “.. fate entrare i civili nelle tende..” pochi minuti dopo contrordine “..non fate entrare più i civili nelle tende..” la confusione aveva preso il sopravvento.
Mi avvicinai alla tenda Comando, mi dissero che l’epicentro era stato a Gibellina, che lassù nevicava, che c’erano dei feriti e forse anche dei morti. Non sapevo cosa fare, giravo su e giù per il campo, non sapevo a chi rivolgermi, avevo perso la cognizione del tempo; a dirla schietta ero preso dalla paura. A un certo punto sentii uno che chiamava: “ Ravenna ..Ravenna…” mi girai e vidi un collega che mi disse: “ho visto i tuoi amici su un camion che li portano all’ospedale..” ero agitatissimo, di nuovo mi disse: ”..l’ ospedale è per di là”. Comincia a correre, ricordo che non arrivavo mai. Quando arrivai all’ospedale, entrai nel pronto soccorso sentii subito la voce di Pippo che brontolava, si rifiutava di essere tenuto in osservazione, zoppicava in modo vistoso e lamentava un colpo al bacino, Bagatò aveva un bernocolo sulla fronte, Pezz aveva gli occhi lucidi, entrambi avevano il casco con un enorme rottura, Pino e Pirì si dolevano di qualche ammaccatura, niente di preoccupante, tutti impolverati come se avessero partecipato alla mietitura del grano. Mi rincuorai. Considerato che Pippo era quello che stava peggio di tutti e che non voleva farsi ricoverare in ospedale ci facemmo portare nella nostra tenda. Quella sera Pino più di una volta mi disse che con loro c’era un carabiniere e che dopo il crollo della casa dove si erano riparati per il nevischio, non era più li con loro; forse era rimasto sotto le macerie.
A sera inoltrata ci venne a trovare un vigile della squadra di Forlì; ( era in buoni rapporti con gli addetti alla tenda comando) si prestò subito ad intervenire al fine di poter predisporre il nostro rientro a Ravenna. L’indomani mattina arrivò l’ordine; potevamo far ritorno a casa.
Nel viaggio di ritorno, mi ricordo solo che quando arrivammo alla stazione di Roma Termini, ( nell ’attesa del treno per Bologna) ci fermammo a mangiare un piatto di cappelletti asciutti, Pippo sebbene avesse male scherzava con il detto “Sicilia terra ballerina”.
Al ritorno in caserma a Ravenna, alcuni vigili anziani mi dissero che era il momento giusto per fare la richiesta di permanere nel Corpo dei Vigili del Fuoco. Per me allora vestire una divisa era un impegno troppo grande, non me la sentivo, ero convinto che ci avrei perso in libertà. (adesso penso che fossero pensieri del cavolo, forse sarei stato un buon pompiere).
l’Arcivescovo di Ravenna Mons. Salvatore Baldassarri ci volle tutti sei sul piazzale del Duomo per una preghiera pubblica di ringraziamento alla Madonna ( che sta sulla colonna di fronte al Duomo).
Tornando ai giorni d’oggi , tramite Internet, ho trovato i nomi dei 4 pompieri morti a Gibellina in quel tremendo 25 gennaio 1968 e di un carabiniere morto anche lui a Gibellina
Brigadiere Alessio Mauceri anni 53 Palermo - Vigile Giovanni Nuccio anni 28 Palermo – Vigile Savio Semprini anni 30 Modena- All.vigile Giuliano Carturan anni 20 Latina –
Carabiniere Nicolò Cannella anni 20 Agrigento.
Ora che sono passati così tanti anni, da quei giorni cosi tragici, mi fa piacere ricordare con affetto i miei compagni di allora; Pippo, Bagatò e Pino, che oggi giorno non sono più fra noi.
In fede Vito 1947